Autore della recensione: Francesca Manoni
Titolo: Yeruldelgger: Morte nella steppa
Autore: Manook Ian
Editore: Fazi
Argomento: Giallo
Anno: 2016, Pagine: 524
Autore
Patrick Manoukian, in arte Ian Manook, nato nel 1949, è un figlio dell’emigrazione, della diaspora armena in Francia. Cresciuto a Meudon, sobborgo a sudovest di Parigi, in una famiglia operaia, è stato uno scrittore prolifico fin dall’adolescenza, ma non aveva pubblicato nulla fino al 2013, quando la casa editrice Albin Michel ha puntato sul noir dall’ambientazione esotica che ha come protagonista Yeruldelgger: questo è primo volume di una trilogia che ha conquistato i lettori francesi ed ha ottenuto molti premi letterari dedicati al giallo.
La storia
Yeruldelgger è commissario a Ulan Bator, in Mongolia: la sua vita privata è piuttosto difficile e tormentata per la perdita dell’amata figlioletta Kushi, che ha provocato una grave malattia mentale alla moglie, e per l’ostilità dell’altra figlia, Sara.
Gli sono di conforto l’amicizia della collega, Oyun, e della dottoressa Solongo, medico legale.
Un mattino, sul far dell’alba, il commissario viene chiamato sulla scena di un efferato crimine: tre cinesi e due donne mongole sono stati uccisi in modo barbaro con mutilazioni che rimandano a riti sessuali.
Questo però non è l’unico crimine per quella giornata, infatti poco dopo Yeruldelgger percorre km e km di steppa per disseppellire una bimba, sepolta viva con la sua bicicletta.
Solongo stabilisce, dopo le prime analisi,che l’omicidio risale a 5 anni prima ma il commissario è intenzionato a trovare l’assassino a tutti i costi per dare così pace all'anima della bambina, cosa che non gli è stata possibile con la figlioletta Kushi, il cui assassino ancora non ha un nome.
Ben presto il commissario si rende conto che i tre casi sono in realtà collegati tra loro ma per arrivare al colpevole Yeruldelgger dovrà affrontare non solo poliziotti corrotti ma anche potenti alleanze tra politici e delinquenti che, in nome del profitto, sono disposti a tutto, anche a sacrificare bambini.
Recensione
L'ambientazione è molto particolare e veramente suggestiva perchè costituita dai colori e dai paesaggi della steppa mongola dove sopravvivono ancora antichi riti e millenarie tradizioni sebbene, purtroppo, la violenza irrompa in questi luoghi lasciando lacerazioni e ferite non sanabili.
Dall'altra parte, l'inchiesta sull'omicidio dei cinesi ha come sfondo Ulan Bator, quindi uno spazio urbano con il suo frastuono e con i palazzoni di cemento accanto ai quali sopravvivono delle yurte, quasi fuori luogo in questo contesto.
Il contrasto tra le due anime della Mongolia costituisce uno dei fili conduttori delle vicende nelle quali ad un giallo truce si uniscono le contraddizioni di questa terra e di un popolo discendente da Gengis Khan.
La scrittura è interessante e riproduce quell'atmosfera e quei paesaggi così lontani da noi ma anche, in modo crudo, l'efferatezza di quei delitti.
Non presente nella biblioteca scolastica dell'IIS Cuppari Salvati
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