Autore della recensione: Francesca Manoni
Titolo: Le figlie del mare
Autore: Bracht Mary Lynn
Editore: Longanesi
Argomento: Romanzo storico
Anno: 2018, Pagine: 359
Autore
Mary Lynn Bracht è una scrittrice americana di origini coreane. Tramite la madre, cresce a stretto contatto con una comunità di donne emigrate dalla Corea del Sud. Nel 2002 visita il villaggio dove è nata sua madre e lì sente parlare per la prima volta delle comfort women.
Quel toccante viaggio e le successive ricerche hanno ispirato il suo romanzo d’esordio, Figlie del mare (Longanesi 2018), in uscita in tutto il mondo.
La storia
Le vicende si svolgono su due piani temporali, il 1943 e il 2011 in Corea.
1943: i giapponesi hanno occupato la Corea sottoponendo gli abitanti ad ogni tipo di vessazioni.
Hana è una tuffatrice, insieme alla madre e ad altre donne della loro piccola isola nella Corea del sud: sono donne pescatrici, capaci di immergersi e di restare in apnea molto più del normale.
Un mattina alcuni soldati giapponesi si avvicinano alla riva e Hana, per proteggere la sorellina, Emiko, viene rapita: insieme a molte altre giovani donne coreane è trasferita in un bordello per i piaceri e la lussuria dei soldati dell’Impero del Sol Levante ma la schiavitù sessuale non riesce a piegare l’animo fiero e indipendente di Hana che, in seguito ad un tentativo di fuga, viene salvata da una famiglia di pastori nomadi mongoli e con loro, si intuisce, resterà a vivere.
2011: Emi, con il passare degli anni, non ha mai dimenticato Hana e non ha mai smesso di interrogarsi sul suo destino e di tormentarsi per aver lasciato che la sorella si sacrificasse per salvarla. Ormai anziana, partecipa a Seul alle manifestazioni di tutte quelle donne che, madri, sorelle, nonne, vogliono la verità dai giapponesi sulle “donne di conforto”: rivedere il volto di Hana sulla statua eretta in memoria delle donne scomparse le restituisce, finalmente, la pace.
Recensione
Lettura molto interessante: la scrittura, dal ritmo veloce, racconta una pagina di storia poco conosciuta, cioè il dramma delle giovani coreane rapite e abusate dai giapponesi.
La loro tragedia è duplice perché quelle che sono sopravvissute non hanno avuto il coraggio di denunciare quanto subito, sarebbero state marchiate come prostitute (quasi fosse stata una loro scelta!), altre non hanno neppure avuto la forza di tornare a casa per la vergogna di quanto subito.
Solo agli inizi degli anni ’90 alcune donne ebbero il coraggio di denunciare questi crimini ma da parte giapponese non è mai stata fatta giustizia.
La storia delle donne coreane è però anche la storia, sconosciuta, di tante altre che, durante i conflitti, diventano vittime dei dominatori senza ottenere, poi, né riscatto né giustizia, a volte neanche il conforto della memoria.
Non presente nella biblioteca scolastica dell'IIS Cuppari Salvati
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