Autore della recensione: Francesca Manoni
Titolo: La bastarda di Istanbul
Autore: Shafak Elif
Editore: Rizzoli
Argomento: Letteratura straniera
Anno: 2007, Pagine: 385
Autore
Elif Shafak è nata a Strasburgo da genitori turchi nel 1971.
Insegnante presso l’università dell’Arizona, ha ottenuto importanti riconoscimenti per la sua attività giornalistica.
Processata in Turchia per offesa all’identità del paese, è stata assolta nel 2006.
La storia
Nella città di Istanbul, in epoca contemporanea, vive la famiglia Kazanci.
Gli uomini della famiglia sono morti prematuramente e nella casa sono rimaste tre generazioni di donne.
L’ultima generazione è composta da Zeliha e le sue tre sorelle; il loro fratello, Mustafà, unico maschio della famiglia, vive in Arizona, nella speranza di sfuggire al tragico destino dei maschi della famiglia.
Zeliha è trasgressiva e ribelle: a diciotto anni è incinta ma non riesce ad abortire così, pur con la riprovazione morale delle altre donne della famiglia, decide di tenere la bambina senza mai rivelare a nessuno il nome del padre.
La bambina, Asya, cresce nell’amore soffocante di nonne e zie, con lo stesso carattere ribelle della madre a cui aggiunge, intorno ai diciotto anni, atteggiamenti di cinismo e di nichilismo.
Non conoscere l’identità del padre significa, per Asya, non avere un passato, di cui volentieri fa a meno, ma anche non avere un’identità definita.
Dall’altra parte del mondo, in Arizona, una giovane della sua stessa età, Armanoush, figlia della compagna di Mustafà, vive, anche lei, problemi di identità, sebbene diversi.
Infatti il padre è un armeno, figlio di armeni della diaspora, che costituiscono una comunità numerosa, molto legata alle sue radici e al suo passato, unita anche da una profonda avversione nei confronti dei turchi, in quanto accusati di non voler riconoscere il genocidio armeno.
Armanoush vive tra l’Arizona, con madre americana e patrigno turco, e San Francisco, con una numerosa e soffocante famiglia armena.
Decide, allora, di fare un viaggio a Istanbul, città da cui proviene la sua famiglia armena, alla ricerca delle tracce del passato della sua comunità.
Si fa ospitare dai Kazanci, la famiglia di Mustafà: l’arrivo di Armanoush, accolta con molto affetto, costringe, in modo diverso, le donne della famiglia a riappropriarsi del loro passato, personale e collettivo, per quanto tragico possa essere e da questo confronto anche Asya uscirà più consapevole di sé.
Recensione
Nell’affascinante Istanbul, di cui l’autrice ci mostra profumi, suoni e colori, si svolge una storia tutta al femminile.
Le donne protagoniste del romanzo rappresentano anche le tante contraddizioni di una città che, da secoli, costituisce un ponte tra Oriente e Occidente.
Infatti le Kazanci rappresentano modernità e tradizione, innovazione e conservatorismo: se Zeliha indossa minigonne e fa tatuaggi, la sorella Banu, con il velo in testa, prega Allah e si dedica all’arte divinatoria.
L’aspetto interessante è che l’autrice dà ai riti magici di Banu la stessa importanza che riserva, ad esempio, alle discussioni di un gruppo di letterati che, virtualmente, si incontrano con le chat nel caffè Costantinopolis.
Mentre Armanoush, con i suoi amici armeni, si interroga, via chat, sul passato e sul presente, Banu lo fa leggendo i fondi del caffè che gli rivelano le stesse terribili verità (private e collettive) di cui ben presto anche gli altri personaggi prendono coscienza.
Mi sembra rilevante l’attenzione data dall’autrice alla questione armena: prima dello scoppio del primo conflitto mondiale ma anche durante il suo svolgimento, l’allora Impero Ottomano attuò una sistematica persecuzione delle minoranze armene.
Si trattò, a tutti gli effetti, di un genocidio che però, spesso, la storia ignora.
Con una scrittura molto ricca, a tratti suggestiva, l’autrice ci trasporta in un’altra dimensione, quella cosmopolita della grande Costantinopoli, con un romanzo che è storia ma, insieme, vita di oggi, che si conclude con un finale del tutto inaspettato, sospeso tra realtà e magia.
Disponibile presso la biblioteca La Fornace di Moie.
Non presente nella biblioteca scolastica dell'IIS Cuppari Salvati
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