
Autore della recensione: Francesca Manoni
Titolo: Sogni di pioggia
Autore: Nahai Gina
Editore: Mondadori 2008
Argomento: Letteratura straniera
Anno: 2008, Pagine: 268
Autore
Gina B.Nahai è una scrittrice di origini iraniane.
Dopo aver vissuto in Iran e in Svizzera, oggi risiede negli USA, dove insegna scrittura creativa alla University of Southern California
La storia
Le vicende si svolgono a Teheran nel decennio che precede il regime degli ayatollah.
Bahar è una giovanissima ebrea che proviene da una famiglia modesta, in un contesto sociale in cui gli ebrei osservanti e non ricchi sono considerati cittadini di serie inferiore rispetto agli altri.
Bahar, però, sogna una vita brillante e un avvenire di successo, a riscatto delle sue origini.
L’occasione sembra presentarsi quando Bahar viene chiesta in moglie da Omid, esponente di una delle famiglie ebree più ricche e in vista della città.
La differenza sociale comporta, fin dall’inizio, delle umiliazioni per Bahar ma lei è convinta che poi, una volta sposata, tutto cambierà in meglio.
In realtà le cose vanno diversamente: Omid si innamora di una donna affascinante e per lei trascura la moglie, lasciandola spesso sola. La nascita di una figlia, Yaas, la narratrice, non cambia la situazione: Omid è un padre affettuoso ma poco presente.
La bambina vive con sofferenza la lontananza del padre e diventa il capro espiatorio delle frustrazioni della madre, anche perché non all’altezza di sostituirla nel conseguimento di quei risultati brillanti che Bahar avrebbe voluto per sé.
La donna cerca di riconquistare il marito e di riappropriarsi della sua vita ma sono tentativi patetici o, comunque, destinati al fallimento.
Recensione
Le vicende narrate hanno lo stesso contesto storico e sociale del romanzo “Quello che mi spetta” ma in quest’opera l’attenzione si focalizza di più sulla situazione della comunità ebraica e sui suoi rapporti con le altre presenti in Iran.
Comunque la dimensione storica e sociale è marginale in quanto la storia ha il suo fulcro nella figura di Bahar, le cui azioni e i cui comportamenti sono filtrati attraverso lo sguardo della figlia.
Bahar potrebbe rappresentare un deluso tentativo di ricerca di un proprio spazio e di una propria dignità in una realtà che condanna la donna all’emarginazione, di fatto, però, questa figura è, secondo me, più patetica che convincente.
Intorno a lei, poi, ruotano altre figure al limite del grottesco, poco adatte a rendere l’idea delle caratteristiche di quella fase di transizione della storia dell’Iran.
La narratrice, come già detto, è Yaas, di cui si percepisce la sottile sensibilità ma di cui si avverte anche la sofferta angoscia, non confortata dalla madre, troppo presa da sé e dalla sua mancata realizzazione.
Il ritma della narrazione è piuttosto lento e, secondo me, anche per questo la lettura è poco coinvolgente.
Non presente nella biblioteca scolastica dell'IIS Cuppari Salvati
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