Autore della recensione: Francesca Manoni
Titolo: Mi chiamo Rigoberta Menchù
Autore: Burgos Elisabeth
Editore: Giunti
Argomento: Solidarietà
Anno: 1999, Pagine: 286
Autore
Elisabeth Burgos, antropologa, ha trascorso otto giorni nel proprio appartamento parigino registrando il lungo racconto di Rigoberta Menchù.
La storia di Rigoberta, pubblicata e tradotta in diverse lingue, ha ottenuto successo in tutto il mondo, ricevendo anche diversi riconoscimenti letterari.
Recensione
Rigoberta Menchù Tum nasce nel 1959 in un piccolo paese del Guatemala: appartiene all’etnia quichè e vive, come tutti gli altri indigeni, discendenti dei Maya, in condizioni di miseria e di sfruttamento a causa della prepotenza e dell’egoismo dell’oligarchia latifondista, sostenuta da un governo militare.
Nelle grandi aziende agricole (le FINCAS) gli indigeni lavorano come braccianti fin dall’infanzia (sette, otto anni): le lunghe e numerose ore di fatica, però, sono malpagate per non parlare, poi, dei vari soprusi che essi subiscono.
Ogni tentativo di rivolta da parte dei braccianti ottiene, in risposta, massacri e devastazioni.
La madre, il padre e un fratello di Rigoberta sono morti tra orribili torture e lei stessa con difficoltà si è salvata esule in Messico, continuando a lottare per i diritti del suo popolo ma anche per quelli di tutti i popoli indigeni, dimenticati e calpestati.
Con grande coraggio, Rigoberta ha fatto conoscere al mondo intero la storia, la cultura, la civiltà del popolo Maya denunciando con fermezza gli abusi e le ingiustizie di cui è vittima.
Nel 1992 riceve il premio Nobel per la pace: viaggia, instancabile, come ambasciatore dell’ONU per diffondere la cultura della pace e dei diritti umani, ovunque siano violati.
E’ un libro che tutti dovrebbero leggere: sono pagine di storia contemporanea scritte da una protagonista generosa e fiera.
Non presente nella biblioteca scolastica dell'IIS Cuppari Salvati
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