Autore della recensione: Francesca Manoni

Titolo: Il gusto proibito dello zenzero

Autore: Ford Jamie

Editore: Garzanti

Argomento: Romanzo storico

Anno: 2010, Pagine: 359


Autore
J.Ford è cresciuto presso il quartiere cinese di Seattle e discende da uno dei pionieri delle miniere del Nevada, il bisnonno Min Chung, emigrato nel 1865 dalla Cina a S.Francisco, il primo della famiglia ad assumere il nome Ford. Autore di racconti pluripremiati, vive nel Montana con la moglie ed i figli.


La storia
Seattle, 1986
Il vecchio Henry Lee ha perso da pochi mesi l’amata moglie Eithel dopo una lunga e inutile battaglia contro il cancro.
Dopo aver interamente dedicato a lei le sue giornate, per mesi, ora avverte un grande vuoto dentro di sé. Passeggiando per le vie della sua città, si trova a passare davanti all’Hotel Panama che, da anni abbandonato, ha ora una proprietaria che intende riportarlo all’antico splendore.
Proprio nello scantinato dell’albergo vengono ritrovate masserizie e oggetti appartenenti a famiglie giapponesi che nel 1942 furono costrette a lasciare la città. Tra questi oggetti del passato Henry ritrova le tracce del primo amore della sua vita, Keiko.
Henry, cinese, e Keiko, giapponese, si conoscono nel 1942, frequentando la stessa scuola dove entrambi, in quanto asiatici, sono oggetto di disprezzo e di atti di bullismo. Anche per questo nasce tra loro un’amicizia che diventa, nel tempo, sempre più tenera e profonda.
In quegli anni Giappone e Cina sono in guerra e la famiglia ultranazionalista di Henry odia i giapponesi, anche quelli che vivono a Seattle, e non accetta l’amicizia del figlio con Keiko, sebbene i suoi genitori e lei stessa siano nati negli USA.
In seguito all’attacco a Pearl Harbour, USA e Giappone sono in guerra così il governo statunitense, temendo azioni di sabotaggio, ordina il trasferimento delle famiglie giapponesi in campi di internamento.
La separazione di Henry e Keiko è, per entrambi, molto dolorosa: promettono di aspettarsi, di scriversi...


Recensione
Le vicende si svolgono a Seattle ma si articolano su due piani temporali: il 1986 e il 1942.
L’autore presenta un aspetto della seconda guerra mondiale neanche citato nei testi di storia e poco noto ai più, cioè il trasferimento di tante famiglie di origine giapponese, ma americane anche di seconda generazione, in campi di internamento, dopo aver abbandonato tutti i loro avere e tutti i loro beni.
Anche coloro che poi vissero l’internamento evitarono di parlarne in quanto l’esperienza venne vissuta come un disonore e una vergogna.
Nel romanzo Henry e Keiko sono entrambi dei diversi nella scuola che frequentano, in quanto asiatici, ma lo sono anche per i loro connazionali in quanto “troppo americani”. Questo sentirsi, dovunque, estranei li accomuna e li avvicina, rende anche la loro vita scolastica più piacevole.
Questa parte della narrazione scorre limpida e coerente, con risvolti delicati e, a volte, struggenti.
E’, invece, secondo me, meno convincente la parte del romanzo che narra del presente di Henry: ci sono, infatti, figure secondarie come il figlio Marty e la fidanzata Samantha, di limitato spessore e situazioni risolte in modo un po’ troppo scontato.
Sicuramente è un romanzo interessante e piacevole da leggere ma non mi sembra un “caso” letterario come alcuni lo definiscono anche perché la scrittura, scorrevole e fluida, non presenta però un’intensità degna di nota.


Non presente nella biblioteca scolastica dell'IIS Cuppari Salvati


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