Autore della recensione: Francesca Manoni

Titolo: Quando ci batteva forte il cuore

Autore: Zecchi Stefano

Editore: Mondadori

Argomento: Romanzo storico

Anno: 2010, Pagine: 215


Autore
S.Zecchi insegna Estetica all’Università degli Studi di Milano.
Romanziere, saggista ed editorialista, è autore di molte pubblicazioni di successo.


La storia
Istria: 1943-1945
Nives è una maestra elementare: vive con il figlio, Sergio, e con il marito, Flavio che, fuggito da un campo di concentramento, è riuscito a tornare a casa.
Il piccolo Sergio vede il padre quasi come un estraneo visto che l’uomo è partito per la guerra poco dopo la sua nascita, d’altra parte Flavio è attento e premuroso ma piuttosto riservato e taciturno.
Intanto, non è ancora finita la guerra che una nuova tragedia sta colpendo l’Istria: i partigiani di Tito, dopo aver liberato la Jugoslavia, attuano ora una pulizia etnica in Istria, allo scopo di liberarla dagli italiani, l’Istria deve essere slava.
Tra gli abitanti di Pola già si è a conoscenza del fatto che alcuni italiani sono stati gettati nelle foibe mentre i titini impongono bandiere slave e comuniste, inni e festeggiamenti per Tito.
Nives è alla guida di un attivo gruppo politico di italiani che intende, a tutti i costi, difendere l’italianità, anche nella speranza che, in sede di trattative, l’Istria rimanga italiana.
Questo non accade così i titini si impadroniscono della regione: Nives intende continuare a lottare ma Flavio, consapevole dei rischi, decide di fuggire da Pola con Sergio per cercare la salvezza in Italia.
Il viaggio, in compagnia del fedele cane Tommi, è irto di pericoli e difficoltà: la pioggia, il freddo, la mancanza di cibo, il rischio di imbattersi in pattuglie di titini… unico conforto, la presenza dell’uno per l’altro e la scoperta di un profondo legame e di un grande amore reciproco.


Recensione
Il romanzo fa riferimento al dramma degli italiani d’Istria nell’ultima fase della II guerra mondiale e nell’immediato dopoguerra.
Nati e vissuti come italiani nella terra istriana, si trovano ad essere considerati stranieri nella loro città: barbaramente massacrati, trovano scampo nell’esodo in Italia ma anche qui sono indesiderati perché accusati di essere fascisti e, quindi, solo per questo cacciati dall’Istria.
Nell’immediato dopoguerra, inoltre, il nostro Paese, ridotto ad un cumulo di rovine, con gli animi ancora esacerbati per la recente guerra civile, non ha né risorse economiche né disponibilità umana per accogliere ed accettare le migliaia di istriani in fuga che, bollati come “profughi”, si trovano ad affrontare lunghi iter burocratici prima di essere accolti, non accettati, però.
Questa tragedia, di cui solo in epoca recente si è cominciato a parlare, nel romanzo è il sottofondo di una vicenda privata (rapporto padre-figlio) affrontata con molta delicatezza.
Il linguaggio, semplice e scorrevole, non scade, però, nel banale o nell’inconsistente e il tono, a volte commosso, non diventa mai pietismo: un perfetto equilibrio, secondo me, di tono e di stile che rende, ancor più, la lettura veramente significativa.


Non presente nella biblioteca scolastica dell'IIS Cuppari Salvati


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