Autore della recensione: Francesca Manoni
Titolo: La fine è il mio inizio
Autore: Terzani Tiziano
Editore: Longanesi
Argomento: Attualità e politica
Anno: 2006, Pagine: 446
Autore
Tiziano Terzani, fiorentino, è stato per 30 anni corrispondente in Asia per un noto settimanale tedesco e poi collaboratore della Repubblica e del Corriere della sera. È vissuto per molti anni in India, per lo più nell’Himalaya. È morto nell’estate del 2004.
Recensione
Il percorso dell’esistenza può essere rappresentato con un cerchio che indica il perpetuo ciclo di creazione e distruzione dell’universo; nessuno è qualcuno, niente è qualcosa ma tutto è nel tutto, parte dell’esistenza universale, elemento della vita naturale di cui ogni SE’ è componente. Per questo “la fine è il mio inizio” dice Terzani che, ormai prossimo alla morte, con grande serenità si appresta a questo nuovo viaggio.
Trascorre gli ultimi tre mesi della sua vita all’Orsigna, il suo “ultimo amore”, dopo il grande amore per l’Asia e per l’Himalaya:l’Orsigna è un piccolo paese non lontano da Firenze, per Terzani “la mia stazione finale”, il mio punto d’arrivo”.”Mi ci sento così a casa, così bene in questo abbraccio della natura allo stato puro”: l’Orsigna è una valle chiusa che il giornalista conosce fin dalla sua infanzia, dove ancora è possibile un’esistenza naturale e semplice, è il corrispondente italiano del suo rifugio sull’Himalaya.
All’Orsigna, per tre mesi, Tiziano si racconta al figlio Folco che registra le loro conversazioni: così è nato l’ultimo splendido libro di Terzani.
Egli narra al figlio delle sue origini povere, del suo precoce sentirsi “stretto” nella realtà in cui viveva, racconta dei suoi studi, liceo classico e laurea in legge alla Normale di Pisa, del suo incontro con l’unico, grande amore della sua vita: la moglie Angela.
Nello stesso tempo, ripercorre le principali tappe della sua carriera di giornalista, anche se questo termine non riesce a definirlo in modo preciso: Terzani è anche un Marco Polo curioso di conoscere, è un uomo generoso aperto all’altro e alla diversità.
Il primo interesse che l’ha spinto in Asia è stato la sua ammirazione per Mao: l’aspirazione ad una società più giusta, in cui ciascuno abbia in base al bisogno, è dello scrittore fin dalla sua prima giovinezza. Così studia la lingua, la storia e la civiltà cinese per affrontare quest’esperienza che, però, si rivela estremamente deludente.
Il totalitarismo del comunismo cinese esercita un controllo soffocante su ogni piccolo dettaglio della vita privata di ogni cittadino, non c’è libertà e ogni opposizione viene soffocata con la più crudele ferocia: ne è un esempio Piazza Tienanmen, anche se il governo cinese si ostina a dire che non è successo niente.
Inoltre il maoismo, per creare l’uomo nuovo, ha distrutto totalmente il vecchio e, così facendo, ha distrutto l’antica e splendida civiltà cinese e, con essa , l’anima stessa della Cina.
Per non parlare poi della distruzione dei monasteri tibetani, dell’uccisione di migliaia di monaci, dell’esilio del Dalai Lama; la città proibita, Lasha, è ora piena di bar e supermercati cinesi.
Quando T. si trasferisce in India (Gandhi è l’altro suo grande mito), portando con sé tutta la sua famiglia, pensa che lì ci sarebbe stato il suo futuro.
In India ci sono ancora elefanti per le strade, villaggi con incantatori di serpenti, templi in cui si adora ogni tipo di animale, rishi (saggi) ancora ascoltati, sadhu (mendicanti) che decidono di lasciare ogni bene materiale per vivere di elemosina.
L’ India, con la sua spiritualità, con la lezione della non-violenza di Gandhi, può essere un baluardo, una difesa per l’uomo moderno dal dilagante e distruttivo materialismo di oggi.
Però T. si accorge che l’India mostra anche un altro volto: nelle città troneggiano manifesti della coca-cola (I AM BACK), la tomba di Gandhi è ridotta a macerie e polvere, più ancora, l’India ha creato la bomba atomica, dimenticando il suo grande capitale di ahimsa (non-violenza).
Solo sulle pendici dell’Himalaya, vivendo praticamente di niente, in una casupola accanto ad un vecchio saggio, T. si riconcilia con l’anima indiana, con la sua spiritualità, arrivando ad abbandonare tutto tranne, però, i suoi legami con la famiglia che lo portano a concludere la sua vita all’Orsigna.
Bellissime le pagine in cui rivolge ai giovani l’invito a realizzare una rivoluzione che, lontana dalla politica, in cui T. non crede, senza armi, abbia inizio nel cuore di ciascuno, una rivoluzione che abbia, come scopi, la pace la scoperta di sé e dell’altro, la rinuncia all’etica del profitto e ai facili guadagni per inventare se stessi, ogni giorno nuovi, ogni giorno diversi,con la fantasia e la libertà di disporre di un tempo che non è quello dell’orologio ma quello, infinito, che scorre dentro ciascuno di noi.
Presente nella biblioteca scolastica dell'IIS Cuppari Salvati
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